Civile e penale a confronto: quando è la presunzione a fare la differenza

Civile e penale a confronto: quando è la presunzione a fare la differenza
02 Dicembre 2015: Civile e penale a confronto: quando è la presunzione a fare la differenza 02 Dicembre 2015

Fra le simulazioni di reato tutt’altro che infrequenti sono quelle finalizzate alla frode assicurativa e non di rado episodi di questo genere riguardano Il furto di auto di lusso (o di costose macchine operatrici). Di un caso del genere si è recentemente occupata la Corte d’appello di Trieste che, nel giro di poche settimane, ha deciso tanto l’appello proposto da un assicurato contro la sentenza penale che l’aveva condannato per i reati di simulazione (367 c.p.) e frode assicurativa (art. 642 c.p.), quanto quello diretto alla riforma della pronuncia civile che aveva rigettato la sua domanda di pagamento dell’indennizzo previsto da un’assicurazione contro il furto. L’esito dei due giudizi di impugnazione è stato diametralmente opposto perché, se la I Sezione penale della Corte giuliana (n. 1478/14) ha assolto l’imputato , la sua II Sezione civile (n. 515/14) ne ha invece rigettato l’appello, confermando la decisione di primo grado. Le due sentenze ben si prestano, dunque, ad un confronto utile per comprendere la differenza tra le regole di giudizio proprie del processo penale ed i criteri decisionali che governano invece quello civile. Ragionare in proposito può aiutare a discernere le aspettative che si possono ragionevolmente riporre nel primo rispetto alle potenzialità offerte dal secondo. Il caso deciso è emblematico: l’assicurato denuncia il furto di una Ferrari che sostiene di aver parcheggiato in orario serale davanti ad una pizzeria ubicata in una zona rurale, nella quale si era recato con dei familiari, ma gli accertamenti effettuati evidenziano una serie di incongruenze nel suo racconto e le indagini di p.g. eseguite a seguito della querela dell’assicuratore ne aggiungono altre. Tanto nel processo penale che nella causa civile l’assicurato esibisce numerosi testimoni che confermano il furto o riferiscono circostanze indirettamente idonee ad accreditarlo, mentre l’assicuratore prova in vario modo svariate altre circostanze di fatto che, sotto il profilo logico, palesano l’inattendibilità di alcune deposizioni o che appaiono difficilmente compatibili con la tesi dell’assicurato. Dalla lettura delle due sentenze si evince che, se le prove raccolte nei due processi erano le stesse, in parte diverse sono state invece  le argomentazioni  addotte dalle parti in ciascuno di essi, mentre la decisione del Giudice civile, come si è visto, è stata di segno opposto rispetto a quella penale. Come si giustificano questi esiti contrastati? Sarebbe semplice rispondere che, mentre nel processo penale la colpevolezza dell’imputato deve essere provata “al di là di ogni ragionevole dubbio”, ed è proprio questa incertezza che i Giudici penali affermano di non esser riusciti a superare, in quello civile vige la regola dell’onere della prova, per cui l’insufficienza della prova del fatto sul quale si fonda il diritto che l’attore fa valere in giudizio si risolve a suo danno. Nel caso esaminato, infatti, l’attore, poteva confidare sull’esito di una prova testimoniale che aveva confermato le circostanze in cui sarebbe avvenuto il furto che aveva denunciato. Se l’esito del giudizio è stato ben diverso da quel che egli si attendeva, tanto in primo grado che in appello, lo si è dovuto a quelle “presunzioni gravi, precise e concordanti circa l’ipotesi di simulazione di furto” che il Tribunale aveva ritenuto sussistenti. Ed è su quelle “presunzioni”, e cioè sulla rilevanza logica di svariate circostanze incompatibili con diversi particolari della descrizione dei fatti descritti dall’attore, che la Corte d’appello ha fondato il proprio convincimento, pervenendo ad un giudizio di segno contrario a quello del Giudice penale. Si badi che in tal modo quello che in sede civile è considerato un mezzo di prova “forte”, come la prova testimoniale, è stato vinto da una prova (quella presuntiva) assai meno celebrata nella prassi giudiziaria. Per quanto la Cassazione ripeta che essa ha pari dignità degli altri mezzi di prova e può dunque essere determinante per la decisione delle controversie, anche prevalendo su una prova testimoniale di segno contrario, Giudici ed avvocati, che in realtà ne fanno largo uso nella prassi giudiziaria, non sempre si mostrano consapevoli che il loro argomentare rappresenta in realtà una costruzione logica di natura presuntiva. La motivazione della sentenza civile d’appello in esame è la dimostrazione di questo dato di fatto. La Corte, infatti, descrive come insufficienza della prova del furto offerta dall’attore ciò che in realtà è una sua precisa scelta in favore di una presunzione di contenuto contrario, quando afferma che “troppe rimangono le zone d’ombra, le reticenze, le vere e proprie anomalie comportamentali, largamente ascrivibili proprio all’odierno appellante ed alla sua ristretta cerchia familiare, per ritenere che sia stata fornita idonea e tranquillante prova del lamentato furto”. Questa constatazione merita due sottolineature. Indubbiamente la prima riguarda la quantità e la qualità delle circostanze di fatto contrastanti con l’ipotesi del furto che il convenuto era riuscito a provate: quanto maggiore è il numero di tali circostanze e quanto più rilevante è il loro significato probatorio, tanto maggiore è la valenza della prova presuntiva che può da queste dedursene. Tuttavia, la minuziosa ricostruzione delle circostanze rilevanti non basta: la decisività di una prova presuntiva dipende anche e soprattutto dalla capacità del difensore di argomentare la propria tesi in modo tale da comporre quelle circostanze in una ricostruzione dei fatti di causa dotata di una coerenza interna “più forte” di quella propria della tesi contraria, diretta ad affermare la verità del fatto la cui simulazione egli intende invece dimostrare. La seconda è che quegli stessi fatti, per quanto ben argomentati, non sempre nel processo penale, laddove essi divengono indizi di colpevolezza dell’imputano, sono sufficienti a convincere il Giudice della tesi accusatoria “al di là di ogni ragionevole dubbio”. Ne consegue che affidare la difesa dalle frodi alla sola iniziativa penale, che pur rimane fondamentale, quasi mai si rivela sufficiente ad evitare il peggio…

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